Colesterolo e statine…il gatto e la volpe?
Vite intere spese a demonizzare e combattere quel cattivone del colesterolo, scordandosi peraltro che si tratta pur sempre di un costituente fondamentale di tutte le nostre membrane cellulari, e che oltre all’apporto alimentare la sua provenienza è comunque endogena! Siamo cioè una fabbrica vivente di colesterolo, che quando comincia ad essere rinvenuto nelle placche cosiddette ateromatose, viene additato come il colpevole numero uno per le più diffuse patologie cardiovascolari, quali angina, infarto, ictus, etc.
La fallacia del Colpevole perché presente sulla scena del delitto
Insomma, un po’ come se trattassimo indistintamente da colpevoli tutte le persone che troviamo in un certo momento sulla scena del delitto. Un po’ più articolato chiedersi esattamente ognuno di quegli attori che ruolo svolga in quel complicato scenario.
Come naturale conseguenza, le statine diventano in poco tempo il business numero uno per il mondo farmaceutico. Certo, esistono studi che supportano il legame tra colesterolo e problematiche cardiovascolari, ma vorrei ricordare che come per ogni fenomeno scientifico, si tratta di un’ipotesi. Eh sì, anche quella del colesterolo alto come causa di morte praticamente certa di infarto è un’ipotesi. Il fatto che entri nelle teste della collettività come certezza non ne cambia però lo status scientifico: quella del colesterolo è un’ipotesi, e come ogni ipotesi è falsificabile.
Ed ecco che pochi giorni fa viene pubblicata sul British Medical Journal Open una revisione sistematica della letteratura che conclude come il colesterolo LDL (quello “cattivo”) sia INVERSAMENTE associato alla mortalità negli over 60. In altre parole, non solo chi ha elevati livelli di colesterolo cattivo vive complessivamente tanto quanto chi ha dei bassi livelli, ma addirittura sembra vivere più a lungo.
Aggregando 19 studi per un totale di 30 coorti e 68.094 soggetti, non è stata confermata alcuna associazione significativa tra alti livelli di LDL e aumentata mortalità nei soggetti di oltre 60 anni di età. Non solo, i livelli più bassi di colesterolo LDL sembrano aumentare la suscettibilità verso malattie fatali, incluso il cancro.
Il paradosso lipidico
Gli autori ribadiscono più volte come questo risultato contraddica in maniera paradossale la famigerata ipotesi del colesterolo, per la quale l’innalzamento dei suoi livelli aumenti il burden aterogenico, e quindi il rischio di eventi cardiovascolari e di mortalità.
Gli autori si chiedono quindi come mai elevati livelli di colesterolo LDL possano addirittura essere di beneficio. Ricerche sperimentali hanno dimostrato che il colesterolo sembra legare e inattivare i prodotti tossici di alcuni microorganismi. Esistono evidenze che dimostrano come la mortalità per infezioni respiratorie e gastrointestinali sia più alta nei soggetti con bassi livelli di colesterolo, così come il rischio di essere ospedalizzati per episodi infettivi in un periodo di osservazione di 15 anni. Diversi studi caso-controllo su soggetti colpiti da cancro dimostrano inoltre che i pazienti con neoplasia sono più spesso in trattamento con agenti ipo-colesterolemizzanti. Non dovrebbe sorprendere, quindi, che la mortalità per cancro sia più bassa nei soggetti con ipercolesterolemia familiare…
Diversi studi hanno messo in evidenza che soggetti con infarto del miocardio presentavano valori di colesterolo LDL più bassi della norma, e nonostante questo risultato sia stato replicato più volte (vedi lo studio di Reddy del 2015, quello di Sachdeva del 2009 e il lavoro di Al-Mallah del 2009), il paradosso lipidico non è mai stato adeguatamente spiegato.
Va notato come ogni evidenza contro-corrente non abbia mai portato a mettere in discussione l’ipotesi di base, ma piuttosto a ricercare nello studio “incriminato” la presenza di fattori confondenti che ne spieghino l’anomalo risultato.
E naturalmente questo è stato fatto anche per la revisione sistematica appena pubblicata. Se volete, potete cliccare qui per approfondire tutte le criticità evidenziate dal Centre for Evidence Based Medicine sulla metodologia impiegata.
Una revisione sistematica non fa primavera?
Gli autori della ricerca concludono sollevando la necessità di rivedere le linee guida per la prevenzione delle patologie cardiovascolari, in particolare in merito ai sovrastimati benefici legati all’uso delle statine. Se vuoi saperne di più su questo argomento:
- c’è una recente analisi che spiega come l’utilizzo di adeguati tool statistici possa sovradimensionare l’impatto delle statine sugli outcome cardiovascolari (attenzione: le statine abassano certamente il colesterolo, ma bisogna dimostrare il vantaggio di questo effetto biochimico sull’evento finale che si vuole prevenire, come incidenza di infarto, ictus, etc.), minimizzandone gli eventi avversi;
- quest’altra recente revisione sistematica della letteratura conclude come il beneficio in termini di sopravvivenza derivante dall’uso di statine sia in media sorprendentemente piccolo.
Se è vero che una revisione sistematica non può cambiare un’evidenza considerata da sempre robusta, è pur vero che non può essere banalmente archiviata come se il fatto non sussista.
E che per fare primavera, le rondini bisogna anche vederle e riconoscerle…