La via per la guarigione passa per una porta che si apre solo dall’interno. Si può mostrare la strada, si può anche arrivare ad inserire la chiave nella toppa, ma la mandata finale per aprirla non può – e non deve – essere data da fuori.
Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare (Ippocrate)
Il bello di quando hai un sito internet è vederne il dietro le quinte. Tra le cose divertenti del backstage c’è che si può vedere cosa cerca la gente su google che gli permette di arrivare al tuo sito…
Ed è ormai da mesi che una delle cose più ricercate da voi utenti è il significato della famosa frase di Ippocrate (ma poi, sarà veramente sua?):
Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.
Il costrutto di “resistenza” (al cambiamento, e quindi alla guarigione) è molto noto in psicologia, ma meno considerato in medicina. Al di là della resistenza puramente biologica verso certe terapie, in campo medico siamo molto lontani dall’accettare che l’atteggiamento interiore di un individuo possa contribuire al mancato raggiungimento della guarigione.
Esiste una certa letteratura su quelli che sono i vantaggi secondari della malattia e sul cosiddetto “comportamento da malattia”, ma una delle metafore più brillanti sulla non disponibilità di una persona a guarire ce la offre Shakespeare nell’Amleto:
“Chiamatemi col nome di un qualunque strumento, quello che preferite, ma per quanto le vostre mani siano abili, non mi suonerete mai.”
Volendo esemplificare in maniera più concreta, riporto il passo del libro “il Cervello Anarchico” dove il dottor Soresi racconta di una paziente ammalatasi di tumore al polmone:
“Donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie. Almeno morì contenta, sei mesi dopo”.
Per quanto le vostre mani siano abili, non mi suonerete mai
Esiste cioè una disponibilità nel processo di cura e guarigione che viene da dentro, da una volontà che non è solo quella esternamente dichiarata (“Io voglio guarire con tutto me stesso”). Le barriere alla guarigione sono a volte di tipo più profondo, inconscio, ed hanno a che fare con memorie di tipo implicito.
Ma altre volte queste barriere sono esplicite e dichiarate, come nell’esempio del dottor Soresi: la persona vuole ottenere quel preciso scopo, e poco importa se questo dovesse passare anche attraverso la malattia.
Quindi nessuno vuole la malattia in sé, ma vuole altro (un primato, una gratificazione, una rivalsa, un affetto, un amore) e per arrivarci si può passare anche attraverso la malattia. Perché anche se dolorosa, a volte sembra la via più facile, più comoda: si lascia “urlare” al corpo ciò che non si vuole “vedere” dentro la propria anima. Anzi, spesso è proprio la lotta matta e disperata contro il proprio sintomo a sostenere e alimentare il sintomo stesso: più gridiamo libertà, e più ci sentiamo chiusi nella gabbia. Quanto più una persona si agita in relazione al proprio stato, quanto più rifugge dalla vera causa del proprio disagio.
Esigenza psichica e malattia sono strettamente intrecciate
Esigenza psichica e malattia sono quindi strettamente intrecciate, ma la persona spesso non sospetta – o non vuole riconoscere – questa connessione. E quindi vuole certamente guarire, ma vuole guarire comunque a modo suo. “Mi dica tutto quello che devo fare e io lo eseguirò fedelmente”, dice il paziente, e subito compare il sottotitolo “Certo, quello che dici tu, ma come dico io”.
Dai classici della medicina cinese non è ritenuto corretto trattare o stimolare il meridiano del cuore, sede dello Spirito o Shen dell’individuo. Nessuno ha il diritto di violare l’Anima della persona. Ma quello che è ammesso fare è trattare quel punto del meridiano cuore che si trova sul polso (Shen Men o Porta dello Shen) e che consente l’ingresso verso la sintonizzazione con il proprio Spirito.
Impossibile cancellare o dimenticare una “ferita”, un segno rimasto dentro. E trovo che sia poco legittimo invitare una persona a farlo, “andando oltre”.
Ma quello che è possibile fare è cambiare la lente attraverso la quale guardare a quell’evento, quella situazione, quella persona. Allora possono cambiare i colori, i contorni, le dimensioni. In altre parole, è possibile riscrivere il significato di quel “dolore” e contestualizzarlo all’interno di una panoramica molto più ampia.
Esattamente come quando avviciniamo l’occhio alla macchinetta fotografica e non capiamo cosa stiamo puntando, fino a quando ci rendiamo conto che siamo al massimo dello zoom, fissati su un minuscolo dettaglio che appare però così grande da spaventare…quindi togliamo lo zoom e cominciamo a vedere la prospettiva che si allarga, e quel dettaglio che prima occupava tutta la scena diventa una goccia dentro un mare di realtà più vasto, fluido e dinamico.
E quella goccia è sempre lì, ma ora connessa con tutte le altre dell’oceano in un’unica entità di senso.