Forse può stupire, ma è bene sapere che anche quando si parla di cancro la comunità scientifica può decidere di “spostare l’asticella”, e smettere di chiamare “cancro” un quadro così denominato fino a pochi giorni fa.
E non si tratta solo di una questione di parola utilizzata (che sappiamo bene quale impatto possa avere…), ma anche di tutta la macchina dei protocolli di cura e di trattamenti che essa attiva.
Insomma, anche quando parliamo di cancro entra in gioco il famoso concetto di “paradigma”, ovvero di una convenzione che, a seconda di dove venga posizionata, può attivare lo scenario A (cancro, asportazione totale dell’organo, radio- e chemio-terapia, con tutti gli annessi e connessi) oppure lo scenario B (neoplasia indolente a decorso benigno, asportazione della sola lesione, nessuna radio-chemioterapia successiva).
È evidente che questo shift di paradigma o cambio di nomenclatura, come viene chiamato in gergo tecnico, è il frutto di osservazioni cliniche fatte su centinaia di pazienti e portate avanti per oltre 10 anni. Non è cioè il frutto di una valutazione arbitraria.
Ma se pensate che la medicina sia una scienza “esatta”, che un cancro sia un “cancro” senza alcun indugio, ecco…questo articolo che riporto di seguito può farci riflettere. I ricercatori si sono accorti di aver esposto ad un eccesso di trattamenti oncologici migliaia di pazienti con “cancro” tiroideo in questi anni.
Tratto da: It’s Not Cancer: Doctors Reclassify a Thyroid Tumor, dal New York Times dello scorso Aprile 2016.
Un panel di medici internazionali ha stabilito che un tumore classificato come “cancro” non è un cancro.
Come conseguenza, è stato effettuato un downgrading della condizione, e migliaia di pazienti potranno evitare l’asportazione della tiroide, trattamenti con iodio radioattivo e check-up periodici per il resto della loro vita, ovvero tutte quelle pratiche che dovevano proteggere contro un tumore che non è mai stato una reale minaccia di vita.
Queste conclusioni, e i dati che hanno permesso di arrivarci, sono riportate in questo articolo di JAMA Oncology. Questo cambiamento avrà un impatto su circa 10.000 dei quasi 65.000 pazienti diagnosticati con cancro alla tiroide ogni anno negli USA, e potrebbe spianare la strada a chi dibatte per la riclassificazione di altre forme di cancro, incluse certe lesioni della mammella e della prostata.
Quello che è stato riclassificato è una piccola lesione delle tiroide che generalmente si presenta completamente circondata da una capsula di tessuto fibroso. Il nucleo è simile a quello del cancro, ma le sue cellule non fuoriescono dalla capsula e la rimozione chirurgica dell’intera tiroide, seguita dal trattamento con iodio radioattivo, non è necessario e anzi dannoso, sostiene il panello di esperti.
Il tumore è stato quindi rinominato. Invece di chiamarlo variante follicolare del carcinoma incapsulato papillare della tiroide, ora lo chiamano “neoplasia follicolare della tiroide non invasiva con aspetti nucleari papillare-simili”. La parola carcinoma non c’è più.
Molti oncologi sostengono che questa riclassificazione fosse dovuta da tempo. E che dovrebbe essere applicata anche ad altre piccole lesioni della mammella, del polmone e della prostata, tra gli altri, eliminando la parola carcinoma.
“Se non è un cancro, non chiamiamolo cancro” sostiene il Dr. Morris, presidente-eletto dell’American Thyroid Association e professore di Medicina alla Mayo Clinic.
“C’è sempre maggiore evidenza che molti dei termini che usiamo non corrispondono alla nostra comprensione della biologia del tumore. Chiamare “cancro” una lesione quando non lo è, porta a trattamenti non necessari e dannosi”, sostiene ancora il Dr. Framer, direttore della Divisione di Prevenzione Oncologica del National Cancer Institute.
In questo caso, si è visto che non sono gli aspetti nucleari (ovvero il comportamento microscopico) della lesione, ma piuttosto le caratteristiche di invasività (ovvero il comportamento macroscopico) a fare la differenza tra cancro sì e cancro no.