Per chi lotta tutti i giorni con le contraddizioni dei neuroni della propria testa, la notizia è che quel cervello non è l’unico che ospitiamo nel nostro organismo. Ancora non abbiamo capito come funziona che già la faccenda si complica con l’entrata in scena di un’altra massa di neuroni “pensanti”, che avvolgono appunto tutti i visceri addominali. E’ il cervello nella pancia, l’intelligenza “motore” del nostro benessere.
È fra gli anni ottanta-novanta che comincia ad emergere quanto sia complessa questa rete neuronale, rimasta fino a quel momento oscurata dal primato indiscusso detenuto dal “collega” del piano superiore. Comincia a prendere forma una nuova disciplina, la neurogastroenteorlogia, e il cervello nella pancia viene scientificamente ribattezzato cervello “neurogastroenterologico”.
Non è questa la sede per illustrare tutte le evidenze scientifiche prodotte in questi anni, ma ci limitiamo a dire che se immaginassimo di districare l’intera matassa dei neuroni che avvolgono l’intero tubo digestivo, questa andrebbe a ricoprire una superficie pari a quella di un campo di calcio. E non è tutto: ciò che i ricercatori non hanno ancora pubblicizzato molto è che questo cervello neurogastroenterologico è l’unico organo del nostro corpo che possiede una autonomia funzionale rispetto al cervello che abbiamo in testa (per chi fosse interessato, uno dei padri di questa disciplina è M. Gershon).
In poche parole: la pancia ha una propria intelligenza, capace in modo autonomo di “pensare”, ricevere informazioni, elaborarle e spedirle ai piani “alti”.
La domanda che viene spontaneo farsi è perché se ne parli ancora così poco. Una possibile risposta è che c’è ancora molta confusione su cosa tutto questo voglia dire: come si conciliano le attività dei due cervelli? In che relazione sono? È già noto che i due cervelli sono connessi da un’importante autostrada di fibre nervose (gut-brain axis) e che parlano lo stesso linguaggio chimico attraverso la comunanza di numerosi neurotrasmettitori (inclusa la serotonina, protagonista del nostro umore tanto quanto della nostra digestione!). Ma le implicazioni pratiche di questa comunicazione vengono indagate forse con un occhio ancora miope.
Oggi gli studi sono infatti prevalentemente focalizzati sul ruolo che questo cervello addominale ha nelle patologie proprie dell’intestino, da quelle funzionali (come il celeberrimo “colon irritabile”) aa quelle organiche (ad es: le malattie infiammatorie intestinali). Ma la ricerca rimane piuttosto “confinata” all’interno dei “recinti” della cavità addominale.
Per farla breve, forse stiamo assistendo a quanto già accaduto durante le prime indagini condotte fra la fine del 1800 e il 1900 sul cervello contenuto nelle ossa craniche: da Kraepelin, Bleuler, fino a Freud e i suoi successori, per molti anni l’interesse è stato catturato dai suoi processi patologici, quindi psicosi e isteria. Ci sono voluti molti anni, e ancora oggi siamo nel mezzo di questa fase, per vedere estendersi le ricerche sul cervello alla comprensione di quelli che dovrebbero essere i processi sani dello sviluppo di un individuo. Con il cervello addominale sembra che si stia ripercorrendo questo stesso percorso. Ci vorrà quindi ancora del tempo prima che i ricercatori e i medici comincino ad interrogarsi se per caso questa rete neuronale dell’apparato digerente non possa avere un qualche ruolo nella vita “normale” di ogni soggetto…ed è qui che cito Poincarè, per il quale la creatività è la “capacità di unire degli elementi preesistenti incombinazioni nuove, che siano utili”.
Esistono delle avanzate ricerche che permettono già oggi di guardare all’utilità di questo cervello nel nostro quotidiano, a prescindere dalla presenza o meno di sintomi da colon irritabile…
Quello che sappiamo è che l’intelligenza della pancia entra in azione prima di quella della testa, producendo informazioni dirette e reali, prive dei ben noti filtri (pregiudizi o come li vogliate chiamare) che operano più in alto.
In sostanza, si tratta di una fonte di informazioni esatte che bisogna imparare ad utilizzare, a leggere e interpretare correttamente. È un po’ come immaginare di dover imparare una nuova lingua che, in realtà, non è del tutto “nuova” considerato che ci accompagna sin dalla nascita, o meglio dall’utero materno. Ma è nuova nella misura in cui nessuno ci ha mai chiesto di impararla o anche semplicemente di prestare attenzione al suo ascolto. Non abbiamo cioè mai intrapreso l’addestramento necessario per capire come funziona e come si usa questa intelligenza.
Ed è da qui che discende l’importanza di una “pancia” che sia in ottima salute. E tu, quanto sei disposto a prendertene cura?