Sono una bibliofila, si sa. Da quando sono mamma questa malattia (😆) si è estesa ai libri per bambini.
I cicli della vita
Qualche tempo fa compro un albo illustrato per Marco (Seme di carota), la sera lo leggiamo e quando lo chiudo penso mi siano stati rubati 14 euro. Poche parole, poche immagini e sempre le stesse. Ridondante e alla fine forse un po’ “misero”. Quindi lo mollo lì per diverse settimane. Finché una mattina Marco lo prende e mi chiede di leggerlo. Una. Due. Tre volte di fila… alla quarta lettura comincio ad aggiungere dettagli e particolari che vengono spontanei e quasi mi commuovo. E ripenso alla frase della libraia quando me lo ha venduto, che fino a quel momento era rimasta per me un mistero: “Devo ricordarmi di questo libro in relazione ai cicli!”.
L’immagine mentale: il seme
In questo albo non c’è proprio niente di infantile, come spesso in effetti si riscontra nella letteratura per l’infanzia. Perché ogni bambino rappresentato è una parte fanciulla di noi, ma non quella parte non cresciuta per immaturità, piuttosto quella parte naturale, istintiva, non artefatta e che sopravvive in ognuno di noi ai condizionamenti ricevuti. Anche se a volte con fatica.
In questo libro il bambino protagonista rappresenta la facoltà immaginifica della nostra psiche. Quella capacità di produrre immagini che poi formalizzano il reale. Il bambino del libro però ci insegna che non basta produrle: le immagini vanno coltivate giorno per giorno, con azioni concrete. Ed ecco che l’immagine della carota prende forma in un seme che lui pianta.
Tanto non germoglierà
Ogni giorno qualcuno gli ricorda che tanto non germoglierà mai: prima la madre, poi il padre, poi il fratellino più grande, poi tutti e tre insieme. Non germoglierà. Ed effettivamente passa il tempo e non spunta nulla. Ma il bambino sembra proprio non ascoltare questi moniti, e anzi sembra guardare perplesso le facce di chi insiste con la cantilena del “non germoglierà”. Infatti non risponde mai. Il bambino non parla mai in questo racconto. Però agisce, fa i fatti. E ci sono due cose che non smette mai di fare: annaffiare la terra dove ha piantato il seme e togliere le erbacce per tenere pulita la zona.
Il bambino non smette mai di prendersi cura del seme che ha piantato. E lo fa con piccole azioni quotidiane. Concrete e precise. Ed ecco il riferimento ai cicli: il seme ha bisogno del suo tempo. Non si tratta né di sperare né di credere, ma semplicemente di dare tempo ad una immagine di diventare realtà. Perché i tempi della materia e della psiche sono diversi, si sa, ma da adulti questo si può facilmente scordare perché abbiamo sempre fretta di vedere i risultati, di raccogliere i frutti. E si fa fatica ad aspettare.
Aspettare: un tempo attivo per la manifestazione “visibile”
Attendere ed aspettare sono due concetti diversi. L’attesa fa riferimento a qualcosa verso cui siamo rivolti, alla tensione verso una generica meta (ad tendere). Quando aspettiamo, invece, letteralmente “guardiamo” qualcosa avvicinarsi (da aspicere). Coltivare ogni giorno il proprio seme con acqua e pulizia delle erbacce può essere considerata un’attesa? O forse è meglio definirlo un tempo in cui le trasformazioni e i cambiamenti nutriti sono già in atto, ma in una sfera ancora non visibile? E che pure già “guardiamo” con la nostra vista interiore?
Se qualcuno pensa che questo sia un libro che incoraggia a non smettere di credere nei propri sogni, è proprio fuori strada. È un libro che porta un messaggio tremendamente concreto: coltivate le vostre immagini naturali con azioni concrete e adeguate e i frutti invisibili saranno ogni giorno in accrescimento. Fino a quando diventeranno esternamente visibili.
Il risultato: una naturale certezza
E il bambino finalmente raccoglie una carota gigante, proprio come se l’era immaginata.
Meravigliato? No, la certezza lo accompagna dal momento in cui quel seme lo pianta.