La Teoria dei quanta, tra Fisica e Filosofia
Inauguriamo così il 2017! Riportiamo un estratto di “Fisica e Filosofia” di Heisenberg per sentire le parole originarie che descrivono la teoria dei quanta, oggi troppo spesso impropriamente e indebitamente citata.
Happy Reading! 😉
“Il grado di complicazione della biologia è così scoraggiante che è impossibile immaginare attualmente una qualsiasi serie di concetti le cui connessioni possano essere così esattamente definite da rendere possibile una rappresentazione matematica di esse.
Se procediamo oltre la biologia ed includiamo nella discussione la psicologia, non ci può essere allora più alcun dubbio sul fatto che i concetti della fisica e della chimica, accompagnati da quello di evoluzione, siano insufficienti a descrivere i fatti.
Su questo punto l’esistenza della teoria dei quanta ha modifcato il nostro atteggiamento circa quello che si credeva nel diciannovesimo secolo. Durante quel periodo, alcuni scienziati furono inclini a pensare che i fenomeni psicologici potessero in definitiva venire spiegati sulla base della chimica e della fisica del cervello. Dal punto di vista teoretico quantico, tale assunto non appare affatto giustificato.
Noi, a dispetto del fatto che gli eventi fisici del cervello appartengono ai fenomeni psichici, non ci aspetteremmo che possano essere sufficienti per spiegarli. Nè avremmo il minimo dubbio sul fatto che il cervello agisce come un meccanismo fisico-chimico se trattato come tale; ma per comprendere i fenomeni psichici, noi cominceremmo dal fatto che la mente umana entra insieme come oggetto e come soggetto nel processo scientifico della psicologia. […]
La fisica classica può venir considerata come quella idealizzazione per cui noi parliamo del mondo come di qualcosa interamente separato da noi stessi. Nella teoria dei quanta, l’uomo quale oggetto della scienza viene pienamente chiamato in causa nelle domande che sono rivolte alla natura nei termini a priori della scienza umana. La teoria dei quanta non permette una descrizione completamente oggettiva della natura. […]
Il risultato dell’osservazione non può essere generalmente preveduto con certezza; ciò che può essere preveduto è la probabilità di un certo risultato dell’osservazione. La funzione di probabilità non deve, come fa il procedimento normale della meccanica newtoninana, descrivere un certo evento ma, almeno durante il processo di osservazione, un complesso di eventi possibili.
Natura non facit saltus e salto quantico
L’osservazione stessa cambia la funzione di probabilità in modo discontinuo: essa sceglie fra tutti gli eventi possibili quello che realmente ha avuto luogo. […] Giungiamo così alla definizione di “salto quantico”. Quando si usa il vecchio adagio Natura non facit saltus, come base per una critica della teoria dei quanta, noi possiamo rispondere che è certo che la nostra conoscenza può cambiare improvvisamente e che questo fatto giustifica l’uso del termine “salto quantico”.
Perciò, il passaggio dal “possibile” al “reale” ha luogo durante l’atto d’osservazione. […] La parola “accade” si applica all’atto fisico e non a quello psichico dell’osservazione, e noi possiamo dire che il passaggio dal “possibile” al “reale” si verifica non appena l’interazione dell’oggetto e del dispositivo di misurazione, e quindi del resto del mondo, è entrata in gioco; ciò non è conneso con l’atto di registrazione del risultato ad opera della mente dell’osservatore. Il mutamento discontinuo della funzione di probabilità ha luogo, tuttavia, con l’atto di registrazione, poichè è il mutamento discontinuo del nostro conoscere all’istante della registrazione che si rispecchia nel mutamento discontinuo della funzione di probabilità […]
Nella fisica il nostro lavoro scientifico consiste nel porre delle domande sulla natura, nel linguaggio che noi possediamo e nel cercare di ottenere una risposta dall’esperimento con i mezzi che sono a nostra disposizione. In tal modo la teoria dei quanta ci ricorda, come ha detto Bohr, la vecchia saggezza per cui, nella ricerca dell’armonia della vita, non dobbiamo dimenticarci che nel dramma dell’esistenza siamo insieme attori e spettatori”.