Voglio raccontarvi quello che ho osservato nei miei pazienti in questi due mesi.
Ossitocina e sistema limbico
Il circuito neurochimico più compromesso è risultato quello dell’ossitocina. Oltre alla sua funzione nel parto e nell’allattamento, ha una dimostrata azione a livello comportamentale in ogni essere umano, che ha a che vedere con il senso di connessione con l’altro, di socialità. Quindi è la sostanza che viene prodotta quando c’è il piacere del contatto fisico, per esempio durante un abbraccio, ma anche quando si mangia insieme, perché nella sua valenza simbolica più alta ha a che vedere con il senso di condivisione con l’altro e di fiducia nella relazione. Cioè, con l’Amore.
L’ossitocina è prodotta dal sistema ipotalamo-ipofisi, cioè da una regione del cervello limbico, che è la nostra centralina operativa nella gestione delle emozioni. Bisogna ricordare che le emozioni sono innanzitutto un vissuto e un’esperienza corporea, e non è un caso che il nostro cervello limbico sia una delle aree dove convergono tutte le informazioni di tipo sensitivo, trasmesse principalmente dai 5 sensi, ma è anche la centralina dove vengono regolate tutte quelle funzioni corporee cosiddette automatiche, come la respirazione, il battito cardiaco, la digestione. Quelle funzioni cioè che si modificano quando viviamo un’emozione e che hanno a che vedere con la comunicazione NON VERBALE. Non volendo parlare di emozioni, senz’altro possiamo dire che il sistema limbico è la centralina che gestisce la nostra vitalità. Come poi viene usata è un altro discorso, ma è qui che viene accesa la scintilla dell’essere umano.
Quando un sistema biologico va in disequilibrio significa che è in cerca di una nuova omeostasi, di un nuovo punto di equilibrio. L’ossitocina sta cercando un nuovo schema, un nuovo modo per esercitare la sua funzione nel cervello limbico. Detto in parole povere, ci hanno tolto la socialità da un giorno all’altro, ora dobbiamo capire come ricostruirla, come ridisegnarla.
In cerca di una “nuova” socialità…
Ad oggi ci sono 2 fatti principali.
1) Distanze sociali. No contatto fisico, no vicinanza, no abbraccio. Almeno 1 ma anche 2 metri. È ormai ampiamente dimostrato che ogni persona è avvolta da una nube elettromagnetica, attorno a sè emana un proprio campo dove si annidano, come in un cloud su internet, le sue informazioni. La prossimità con una persona attiva sempre un inevitabile scambio di questo tipo, che ce ne rendiamo conto o no. 1 metro è esattamente lo spazio che compromette questo scambio di flussi informativi. Il succo è meno scambio di informazioni, non di tipo verbale, ma esattamente del livello non verbale, quindi emotivo in primis.
2) Utilizzo delle mascherine. il viso è il primo rivelatore delle emozioni. Le emozioni sono state codificate come un linguaggio universale umano proprio attraverso le espressioni facciali. Le neuroscienze inoltre ci insegnano che la MIMICA FACCIALE PRECEDE E FAVORISCE IL RICONOSCIMENTO DELL’EMOZIONE STESSA. Prima che io capisca cosa sta succedendo, il cervello limbico è già entrato in azione. Ma per essere attivo, vedere il viso dell’altro è fondamentale. Così come è fondamentale in senso più ampio l’esperienza corporea.
Per un bel po’, avremo un bavaglio su questo mezzo di comunicazione. Io non vedo come cambia il viso dell’altro e l’altro non vede come cambia il mio. Tradotto significa: assenza di segnale per il cervello limbico, sia in entrata che in uscita.
Se sommiamo questo al drastico taglio dello scambio di informazioni non verbali legato al distanziamento fisico,è chiaro che ossitocina e sistema limbico siano in tilt. Stanno lavorando molto meno su un certo tipo di informazioni e segnali.
Se ricevo meno input non verbali/emozionali dall’altro, la mia capacità di ricevere, leggere e interpretare il segnale emotivo (tanto il mio quanto quello dell’altro!) si indebolisce. Questi sono principi evoluzionistici. Le funzioni che non si esercitano costantemente si atrofizzano e si perdono. Proprio come un muscolo.
Il nostro cervello limbico, la centralina della nostra vitalità, rischia di addormentarsi di un sonno lungo e profondo…e non penserei che alla fine arrivi il principe a salvarlo…
Il sonno del sistema limbico…
Il messaggio fondamentale è: non abituiamoci a tutto questo!
Non sappiamo quanto queste misure dureranno, rispettiamo quello che le norme ci chiedono di fare come obbligo, ma non eseguiamo nulla con passività! Manteniamo internamente un atteggiamento attivo! Indossiamo pure la mascherina ma dentro di noi, non abituiamoci a misure che di per sè corrono il rischio di mortificare e spegnere il sacro fuoco della vita emozionale.
Non addormentiamoci mentre rispettiamo le regole che ci chiedono di osservare…
Sforziamoci attivamente per mantenere allenato il muscolo emotivo, tanto come emettitori che come ricevitori. Come ricevitori manteniamo un atteggiamento attivo, perché il ricevitore passivo non avrà lunga vita…se aspetto che qualcosa mi “arrivi addosso” in questo scenario…credo si tratterà di una lunga attesa…e mentre aspetto mi spengo. Come un monitor che entra in stand-by dopo qualche minuto di inattività, senza ricevere input esterni…ecco, finiamo in stand-by pure noi.
Senza uno sforzo cosciente, consapevole e volontario, il cervello limbico non preserva le funzioni meno stimolate. Se ci lasciamo trasportare dall’inerzia della situazione, e non ci attiviamo, succede che ci si abitua a relazioni e socialità più spente emotivamente. Perchè il volume di questo canale sta diventando inevitabilmente più basso, allora sta a noi prestare più attenzione e rendere più sensibile l’orecchio dell’ascolto emotivo.
Bisogna considerare che tutto questo sta accadendo a livello globale. E l’impatto di queste misure va pesato per il numero di persone sul pianeta che stanno attuando questi comportamenti. Non siamo solo noi, ma è tutto il pianeta.
Su quali risorse possiamo contare, oltre all’attenzione e una focalizzazione cosciente sul canale emotivo?
Immaginazione attiva e neuroni specchio
I neuroni specchio. I neuroni specchio ci hanno insegnato che se io osservo qualcuno che fa una cosa, per il mio cervello è come se quella cosa la stessi facendo io. In qualche modo, impariamo attraverso un processo di IMITAZIONE INTERNA. Questo avviene spontaneamente, se ho lo specchio nell’altro.
Se non mi posso specchiare nell’altro, perchè è distante e perché il viso non è accessibile, i neuroni specchio possono stimolare e potenziare delle abilità attraverso l’immaginazione attiva. Immaginando dettagliatamente di compiere un certo gesto (“prova mentale”), come ad esempio suonare il pianoforte, i neuroni specchio si attivano e promuovo lo sviluppo dell’abilità stessa. Il cervello e il corpo non fanno differenza tra vivere un’esperienza reale e pensarla soltanto.
- Dedichiamo qualche minuto al giorno ad immaginare di fare quelle cose che non possiamo fare, come ad esempio abbracciare una persona cara distante o stringere la mano a qualcuno che incontriamo per la prima volta. Come in una sorta di meditazione, visualizziamo e percepiamo le sensazioni fisiche di vicinanza e contatto con l’altro.
- Concentriamoci sugli occhi della persone, immaginiamo di vedere cosa accade nella parte di viso coperta dalla mascherina. Alleniamoci a diventare abili decodificatori emozioni dagli occhi dell’altro, che per fortuna ancora si vedono e sono un patrimonio.
- Per i bambini: il migliore messaggio resta sempre l’esempio dei genitori. Dove possibile, non asfissiateli con le mascherine se non ce n’è bisogno o per tacitare una vostra paura: se non vedono volti, i neuroni specchio deputati al rispecchiamento emozionale, quindi alla comprensione dell’emozione altrui, non si attivano. I neuroni specchio che entrano in gioco quando vedo la mimica dell’altro sono direttamente connessi con il cervello limbico. Quindi, se noi adulti dobbiamo allenarci per mantenere il tono di un muscolo si spera già sviluppato, loro invece se lo stanno formando, si deve interferire in questo processo il meno possibile.
Il punto chiave è produrre immagini attive, perché ormai siamo bombardati di immagini che riceviamo passivamente da fuori (social, TV, radio, internet) che tolgono spazio e spengono la produzione interiore.
NON LASCIAMO CHE UN GESTO ESTERNO SI IMPOSSESSI DI NOI DENTRO!
Il futuro non ce l’ha in mano nessuno, se non noi stessi. Non deleghiamo a nessuno la nostra vita! Sennò stiamo tutto il giorno solo ad aspettare che qualcuno faccia qualcosa e ad arrabbiarci perché le cose non si fanno o vengono fatte con poco senso.
Il principio è lo stesso: non lasciamo che ciò che è all’esterno si impossessi di quello che abbiamo dentro. Non esistono forzature, l’esterno entra solo se noi apriamo la porta. E quando cominciamo a delegare a qualcun’altro, la porta ormai è aperta.
L’incertezza è un’occasione fondamentale per creare nuove forme, nuove realtà e nuove connessioni, quindi anche un’opportunità di dialogo più solido tra emozioni e ragione. L’importante è non perdere il baricentro in se stessi e non farsi portare a spasso da tutte le onde che arrivano da fuori. Il timone per governare la barca è solo nelle nostre mani. E se si soffre il mare grosso, guardare sempre un punto fisso all’orizzonte, quindi quello che vediamo profilarsi davanti a noi.
Non addormentiamoci mentre rispettiamo le regole che ci chiedono di osservare…
E stavolta vi consiglio un film: The giver – Il mondo di Jonas. Viene rappresentata una società in cui la “precisione di linguaggio” è alla base di tutto, peccato che questo linguaggio non abbia parole per descrivere le emozioni, non conosca “amore”, sia freddo e privo di sensazioni fisiche…