L’intrinseca onestà delle cose
“Nella pluralità di persone che convivono nello stesso contesto, gli individui come distinti giungono alla propria affermazione attraverso sintesi di contrapposti. E’ inevitabile che questa pluralità comporti contrapposizioni dialettiche, sintonia o difformità nel divenire, dunque diversità, in dipendenza da stile, esigenze, tempo, cultura, religione, interessi contingenti. La diversità è una proiezione della misure delle cose.
Da tutte le diversità, sia di carattere fondamentale che accessorio, si determina un’aggressività iniziatica che occorre condurre a sintesi risolutiva. L’aggressività iniziatica è esigenza di affermazione e garanzia di ciò che interessa.
Non si possono evitare le contrapposizioni dovute alle diverse pulsioni di interesse. Ogni giorno ci sono situazioni, anche banali, che pongono l’aut-aut. Il soggetto si agevola e cresce se riesce a comporre la tensione di questa aggressività iniziatica attraverso un uso razionale della forza.
In qualsiasi situazione, lo scopo è la salvaguardia del bene ultimo di se stessi. Ci possono essere anche occasioni in cui è il caso di lasciar perdere. Nella dialettica non è importante battere o distruggere l’avversario. Bisogna fare attenzione a non farsi prendere dal desiderio di annientare l’altro. Annientarlo sarebbe una vincita esterna, ma una perdita interna, perchè si sarebbe attaccato il bersaglio sbagliato: si è lottato contro la vita.
Occorre evitare l’odio contro l’altro e rifarsi esclusivamente al valore intrinseco dell’oggetto. Tutte le cose hanno una loro intrinseca onestà: la cosa si appella sempre al suo padrone naturale, il quale deve difenderla e aiutarla.
A seconda delle possibilità che il soggetto ha e del punto in cui è, quanto della situazione si rapporta a lui è sua. La vicinanza della situazione determina la proprietà: è mia perchè si approssima a me, chiama me. La personalità è il punto variante, ma anche personalizzante.
[…] Quando una cosa è propria e serve, va presa, in quanto è funzionale per fare se stessi. Il “laissez-faire” è disgegazione di sé. I grandi uomini difendono sempre dove interessa.
[…] Qualora desideriamo che gli alti siano precisi con noi, dobbiamo noi stessi per primi precisarci, quindi – nel caso abbiamo subito un’offesa – dirgli come la pensiamo, senza litigare. Altirmenti agevoliamo l’altro a comportarsi sempre in quel modo, a nostro svantaggio. Quindi tocca a noi saper educare l’altro a come vogliamo essere trattati. A lungo andare le cose dette chiaramente aiutano gli altri e noi stessi: l’altro ci stima di più, alza il metro.
[…] “Distacco” vuol dire prendere il fatto cosciente e metterlo fuori di sé, scindersi dalla maschera dell’Io, ponendosi nella situazione in cui non si deve salvare se stessi. E’ come osservare un altro, non se stessi, ed esercitare esclusivamente la posizione critica: se ha sbagliato, cosa consiglieresti ad un altro? E’ necessario osservarsi come fosse un altro, altrimenti scattano immediatamente i meccanismi di difesa.
Quindi “distacco” significa eliminare la maschera, la necessità del copione di difenderla, ed accedere con obiettività nella misura del fatto; scindersi dalla maschera dell’Io, non analizzare per salvare ad ogni costo se stessi.”
E l’onestà, intesa come rispetto della propria autenticità, rimane la scelta preferita anche dalla nostra rete cellulare, come scrivo in questo post: La biochimica dell’onestà, la scelta preferita dal nostro corpo.
Tratto da Progetto Uomo di Meneghetti A.