Memoria digitale: re-imparare a dimenticare!
L’atto di dimenticare è insito nella fisiologia dei nostri processi umani: possiamo intenderlo come una rimozione fisiologica funzionale oppure come la capacità di archiviare fatti, situazioni del passato che semplicemente non hanno più rilievo per ciò che siamo oggi nel presente.
Se nell’era analogica dimenticare era un processo semplice, naturale e memorizzare un processo dispendioso, nella società digitale la situazione è stata totalmente sovvertita: il ricordo è diventato il default, il dimenticare un traguardo ben più difficile da raggiungere.
Prendo spunto da questa intervista a Viktor Mayer Schonberger per una riflessione su come l’oblio possa essere considerato una vera e propria “virtù” nell’era digitale.
Cancellare dati: si richiede tempo e volontà!
Prendete il vostro smartphone. Quanti di voi hanno contenuti come foto, audio o messaggi che sapete perfettamente che non servono più o che andrebbero “ripuliti”, ma continuate comunque a tenere memorizzati? Cancellare dati oggi è un’azione che richiede tempo e un atto volontario, perché scatta la necessità di selezionare cosa tenere e cosa no.
E se anche avete deciso di cancellare tutta quella serie di contenuti con i quali non volete più avere a che fare o che semplicemente non sono più attuali, vi dò una brutta notizia: quello che pensate di avere cancellato vive ancora memorizzato in tanti sotto-folder del vostro smartphone, pronto a ricomparire quando meno ve l’aspettate! 😉 Spulciando nel sottobosco del telefono, personalmente ho trovato memorizzati contenuti che addirittura non sono mai “transitati” sul dispositivo che ho attualmente o sui vari “cloud” …non è fantascienza, è tecnologicamente fattibile, ok, ma non si può trascurare l’impatto che questo gioca anche nel piccolo quotidiano della nostra vita. Un passato sempre presente che continua a rinvigorire quei circuiti cerebrali che prima potevano più facilmente allentarsi e rimodellarsi.
Afferma Schonberger: oggi è molto più facile catturare e mantenere disponibile l’informazione digitale. Allo stesso modo, dimenticare è dispendioso: l’atto del dimenticare, cancellare, eliminare si basa su decisioni consapevoli, mentre lo storage è di default, accade automaticamente.
Ecco. Quanto tempo avete trascorso a leggere e rileggere gli scambi di una chat? Magari anche con tutta la buona intenzione di capire come si sia originato un malinteso, ma comunque avete continuato a rinforzare un’informazione “fastidiosa” e un colloquio fittizio dentro di voi, che tante volte poi non si verificherà mai nella realtà. E i ricordi che Facebook ogni giorno propina insistentemente? E la barra Google che alla prima lettera che inserite vi restituisce tutte le ricerche fatte negli ultimi 3.562 giorni?
Attenzione, non bisogna fare di tutta un’erba un fascio: non è certamente il ricordo in sé a rappresentare un problema, ma si sta parlando di una gestione di memorie che oggi non ha più alcun connotato naturale. O comunque non sempre funzionale a quello che siamo oggi.
La memoria come vissuto psico-neurobiologico
La questione qui non è legata alla privacy o ai big data, ma è del tutto individuale e ha a che fare con le ripercussioni in termini di vissuti neurobiologici e psicoemotivi.
Come scrivevo in qualche post precedente, la nostra memoria funziona come un ologramma. Ogni situazione che viviamo o abbiamo vissuto, cioè, si compone di tanti elementi, ognuno dei quali genera un ologramma. Ogni dettaglio che successivamente re-incontriamo può essere in grado di ri-attivare il ricordo della situazione d’insieme. Questo si traduce nel richiamo e nel rinforzo di specifici circuiti neuronali e delle conseguenti attivazioni emozionali e ormonali…con effetti finali sul nostro corpo biologico.
In sostanza, ogni dettaglio che ci rimanda al passato riattiva un film psico-neuro-biologico che si frappone fra noi e l’attualità del reale in cui siamo.
La diversità con cui questo accade oggi rispetto al passato è data da due elementi principali: 1) dalla rapidità con cui i ricordi-innesco si presentano; 2) dalla non volontarietà con cui le memorie vengono richiamate.
Cito ancora Schonberger per concludere: abbiamo un modo biologico per gestire il tempo, cioè dimentichiamo ciò che non è più importante. Quindi come umani noi riusciamo in maniera naturale e deliberatamente a trascurare alcuni eventi del passato perché essi non sono più importanti per il nostro presente, per quello che siamo noi oggi. Con la memoria digitale completa abbiamo disimparato questa importante capacità di dimenticare e così quando prendiamo decisioni siamo sovraccaricati dei fatti del passato.