La serie di Fibonacci. La proporzione aurea. Il pi greco. Sono solo alcuni degli esempi di come la natura si avvalga di una logica matematica nell’infinita variabile creativa delle sue espressioni. Piante, fiori, animali, musica e noi creature umane siamo tutti soggetti ad un ordine che si fonda su dei precisi criteri.In particolare, tanto la nostra memoria che i nostri processi percettivi, vista e udito in primis, funzionano per mezzo di ologrammi, di immagini tridimensionali virtuali, che informano pur restando intangibili. Esattamente come la proiezione della principessa Leila sprigionata da R2D2.
Vale la pena ricordare che tra i primissimi ricercatori di questo sofisticato sistema di funzionamento del nostro cervello c’è Karl Pribram, neuroscienziato austriaco scomparso giusto un anno fa, e il cui contributo sta permettendo finalmente di chiarire tanti “buchi neri” sull’attività cerebrale e sulla connessione psiche-soma, aprendo la porta anche a nuove possibilità terapeutiche.
“Tradizionalmente” si era sempre creduto che i ricordi fossero localizzati in specifiche aree cerebrali. Ma gli studi condotti a metà del ‘900 non tardarono a dimostrare che perfino dopo l’asportazione di grandi parti del cervello, le memorie rimanevano tenacemente intatte. Fu grazie a questi dati che Pribram, allora giovane neurochirurgo, poté ipotizzare che i ricordi fossero sparsi, o meglio distribuiti, per tutto il cervello nel suo insieme. Il problema era che in quegli anni non si conosceva alcun meccanismo o processo capace di spiegare questo stato di cose, che appariva come una prodezza magica del nostro cervello!
Fu solo a metà degli anni Sessanta che per la prima volta venne costruito un ologramma.
Ma cos’è l’olografia?
L’olografia è resa possibile grazie al fenomeno dell’interferenza, che tutti possiamo osservare quando gettiamo due sassi nell’acqua: si formano due serie di onde che si espandono concentricamente e passano una attraverso l’altra. La complessa disposizione di creste e avvallamenti che risulta da queste collisioni è nota come schema di interferenza. Ogni fenomeno simile a quello delle onde può creare uno schema di interferenza, inclusa la luce. Ed è proprio la luce laser, estremamente pura e coerente, ad essere capace di creare questi schemi di interferenza.
Potete trovare ovunque l’esatto processo di formazione di un ologramma, quello che a noi interessa qui è ricordare che lo schema di interferenza prodotto da un certo oggetto viene “registrato” come immagine su una pellicola. Peculiarità, tra le tante dell’ologramma, è che diversamente da quanto capita per una foto, ogni porzione di una pellicola olografica contiene tutta l’informazione necessaria per creare un’immagine completa. Questo fatto spiegava perfettamente come fosse possibile che ogni parte del cervello contenesse tutta l’informazione necessaria per richiamare un ricordo completo.
Anche l’informazione visiva viene elaborata dal nostro cervello tramite principi olografici. L’interrogativo che rimaneva era quale fenomeno simile alle onde il nostro cervello usasse per creare questo tipo di ologrammi interni. La risposta viene dalla conformazione dei nostri neuroni, che possiedono rami come dei piccoli alberi (le cosiddette arborizzazioni dendritiche), e quando un messaggio elettrico raggiunge il fondo di uno di questi rami, irradia verso l’esterno come l’increspatura in uno stagno. Poiché i neuroni sono fittamente ammassati, queste increspature di elettricità in espansione, un fenomeno simile alle onde, si incrociano continuamente l’una con l’altra. Pribram si rese conto che esse creavano una rete caleidoscopica quasi infinita di schemi di interferenza, e questi potevano essere ciò che forniva al cervello le sue proprietà olografiche. “L’ologramma era sempre stato presente nel carattere di fronte d’onda della connettività delle cellule cerebrali, solo non avevamo avuto l’intuito per rendercene conto”, osservò Pribram.
Nel 1966 Pribram pubblicò il suo primo articolo sulla natura olografica del cervello, presentando i concetti chiave del suo modello che sono rimasti gli stessi fino alla sua morte, pur raffinandosi ed espandendosi nel tempo.
Il modello olografico non solo chiarisce la natura distribuita delle nostre memorie, ma anche la capacità del cervello di contenere un gran numero di informazioni! Per quanto spiegato sopra, se si utilizzano laser con diverso raggio di incidenza sulla pellicola olografica, è possibile registrare diverse immagini su una stessa superficie. Se la pellicola viene fatta oscillare avanti e indietro, le varie immagini che contiene appaiono e scompaiono in un continuo flusso scintillante. La nostra capacità di ricordare sembra essere analoga al puntare un raggio laser su una porzione di pellicola e richiamare un’immagine particolare. Similmente, quando non riusciamo a ricordare qualcosa, questo potrebbe equivalere a puntare vari raggi su una porzione di pellicola a immagini multiple, senza riuscire a trovare la giusta angolazione per richiamare l’immagine/ricordo che stiamo cercando.
Ancora più interessante è la capacità della tecnica olografica di spiegare le associazioni della nostra memoria. Se il raggio laser viene fatto rimbalzare in sequenza su due oggetti distinti, ad esempio una mela e un telefono, lo schema di interferenza risultante viene impresso sulla pellicola. Se si illumina con il raggio laser solo il telefono, la luce riflessa che colpisce la pellicola darà vita all’ologramma della mela, e viceversa.
Se i nostri cervelli funzionano olograficamente, un processo simile potrebbe essere responsabile del modo in cui certi oggetti, percezioni, persone, evocano memorie specifiche dal nostro passato. Ogni situazione che viviamo o abbiamo vissuto, infatti, si compone di tanti elementi, ognuno dei quali genera un ologramma. Ogni dettaglio che successivamente re-incontriamo, quindi, può essere in grado di ri-attivare il ricordo della situazione d’insieme…e come vedremo nel prossimo post, ogni percezione (visiva, olfattiva, uditiva, emotiva) può essere codificata in un ologramma!