L’idea del feedback deriva dalla cibernetica, lo studio scientifico dei processi di controllo nei vari sistemi. La parola ciber deriva dal greco kybernetes, che indica “colui che pilota”, ovvero ”il timoniere” di una nave. Ora, il timoniere governa la nave regolando di continuo la barra del timone in risposta alle informazioni, ovvero al feedback, che riceve da letture visive, o grazie alla vista o mediante strumenti. L’errore più comune del marinaio inesperto, in preda all’ansia, consiste nel tesare le vele prima ancora di ricevere informazioni sulle variazioni di velocità e direzione della nave. Ho dovuto imparare ad aspettare secondi, o anche minuti interi, prima che la vela prenda il vento e il timoniere regoli la barra di conseguenza, e soltanto allora potevo sfruttare le informazioni, ossia il feedback, per manovrare correttamente le vele.
E lo stesso principio vale nella rete psicosomatica, che è analoga a una regata, in quanto effetto di una serie di circuiti di feedback. Le cellule non fanno che inviare segnali alle altre mediante il rilascio di neuropeptidi che si legano ai recettori. Le cellule che li ricevono, come il timoniere o il marinaio addetto alle vele, rispondono con alcune modificazioni fisiologiche. Questi cambiamenti a loro volta ritrasmettono informazioni alle cellule che producono i peptidi, indicando quanto se ne deve secernere in più o in meno. È così che tanto il corpo quanto la barca possono procedere, grazie a una serie di rapidi scambi di feedback.
Un sistema è sano o integro quando questi scambi sono rapidi e non incontrano ostacoli, sia che avvenga tra peptidi e recettori, sia tra il comandante e il timoniere.
Più il ciclo completo del feedback è rapido o serrato, maggiore è l’intelligenza del sistema, sia che venga utilizzato per conservarlo in salute sia per vincere la regata.
Io penso che sia preferibile considerare le molecole e gli altri fenomeni fisici come metafore, strumenti che utilizziamo per poter parlare di qualcosa. L’equatore non esiste nella realtà, ma come metafora è molto utile, e durante la navigazione la vita dei passeggeri e dei marinai dipende da questo. La concezione della scienza delle informazioni permette di vedere sotto una nuova luce la teoria che i neuropeptidi e i loro recettori siano le basi biochimiche delle emozioni. Le emozioni sono il contenuto informativo che viene trasmesso nella rete psicosomatica, in un processo al quale partecipano i vari sistemi, organi e cellule del corpo umano. Al pari delle informazioni, dunque, anche le emozioni viaggiano tra i due mondi della mente e del corpo, così come i peptidi e i loro recettori nel regno fisico, e come le sensazioni che sperimentiamo e definiamo col nome di emozioni nel regno non materiale.
Le informazioni, ecco la tessera mancante che ci consente di superare la scissione tra corpo e mente della concezione cartesiana, perché le informazioni, per definizione, non appartengono né al corpo né alla mente, anche se riguardano entrambi. Dobbiamo accettare il fatto che occupano un ambito del tutto nuovo, che la scienza deve ancora esplorare.
La teoria dell’informazione ci consente di sfuggire alla trappola del riduzionismo e ai suoi dogmi: positivismo, determinismo e oggettività. Anche se questi concetti base della scienza occidentale ci sono stati impressi nella coscienza fin dal Cinquecento e Seicento, la teoria delle informazioni costituisce un linguaggio così nuovo, un linguaggio così ricco di relazione, cooperazione, interdipendenza e sinergia, anziché semplice forza e reattività, da aiutarci a uscire dai vecchi schemi di pensiero.
Ora possiamo cominciare a concettualizzare un nuovo modello dell’universo e del posto che occupiamo.
Nella nuova immagine di sé che ne deriva, ciascuno di noi rappresenta un sistema dinamico dotato di costante potenziale di cambiamento, in cui l’autoguarigione costituisce la regola anziché l’eccezione miracolosa.
Una volta riconosciuta la saggezza propria del corpo, ci confrontiamo con un nuovo genere di responsabilità. Non posso continuare a comportarmi come una macchina inanimata che aspetta di essere riparata dal meccanico, altrimenti noto come medico. Ora ho la capacità di intervenire sul mio stesso organismo, per assumere un ruolo attivo nella mia guarigione. Sono al tempo stesso più potente e più responsabile nel creare la salute che vivo, rispetto alla macchina stupida che credevo di essere.
Tratto da Molecole di Emozioni di Candace Pert