È di pochi giorni fa la notizia che è rimbalzata su tutti i social, cioè la scoperta di una fitta rete di vasi linfatici presenti nelle nostre meningi (la membrana che riveste e avvolge il nostro encefalo) e che rappresenterebbe il link mancante tra sistema nervoso centrale – cervello – e sistema immunitario. Leggendo l’articolo originale – che in sostanza è una ricerca di biologia di base, estremamente tecnicista – sono diverse le considerazioni che meritano attenzione e che forse non sono emerse con il giusto peso.
1) Colpisce lo stupore degli stessi scienziati nell’essersi resi conto che ancora esistono delle macchie cieche sulla nostra anatomia: “Non credevo che ci fossero strutture del corpo di cui non fossimo a conoscenza. Pensavo che questo tipo di scoperte si fosse concluso a metà del secolo scorso”. E invece no, siamo nel 2015, e va da sé che abbiamo ancora tempo di trovare qualche pezzo mancante….
2) Indovinate come mai è stato possibile fare questa scoperta? Ci stiamo magicamente rendendo conto che analizzare organi e tessuti “morti” (a questo punto poca differenza fa che siano di topo o di uomo…) forse non aumenta la dignità scientifica del mio operato. Mi spiego meglio: nell’attuale paradigma (e in un prossimo post torneremo meglio sul valore di questo termine) è scientifico ciò che risponde a determinati criteri FORMALI. Quindi posso realizzare un esperimento raffinato e spettacolare, rigorosamente scientifico, su cadaveri e ottenere risultati altrettanto rigorosamente “scientifici” ma irreali, cioè non applicabili alla realtà di un essere vivente. Ad esempio, questa scoperta è stata fatta perché i ricercatori hanno avuto la brillante intuizione di analizzare il tessuto con una lavorazione non ordinaria, e cioè, in via straordinaria, lo hanno studiato nella sua immediata condizione fisiologica. “Se avessimo fatto come nella procedura standard (che in sostanza analizza un tessuto non più vitale) non avrebbe funzionato e le minute strutture del sistema linfatico meningeo non sarebbero state osservabili”.
3) Quali sono le ricadute di questa scoperta? Ovviamente le implicazioni sono tutte relative allo studio e alla cura di varie malattie neurologiche, a partire dalla sclerosi multipla all’Alzheimer etc. E va benissimo, ma vorrei sapere perché non si menzioni neanche che la scoperta di questo collegamento possa avere importanti ricadute nella comprensione di come i processi di elaborazione/integrazione legati alle emozioni, alla logica e al pensiero possano direttamente impattare il sistema immunitario. E da qui, in pratica, scatta la potenziale connessione con la maggioranza delle alterazioni patologiche che conosciamo.
Questa scoperta, quindi, dovrebbe essere ricordata perchè ci riguarda tutti in ogni momento della vita: ciò che elaboriamo nella testa, che sia un’emozione o un pensiero, può avere un’immediata ricaduta sulla funzionalità del nostro sistema immunitario. Le emozioni, in particolare, al di là del fatto che siano vissute ed esperite a livello conscio o inconscio, vengono trascritte a livello biologico tramite molecole chiamate neurotrasmettitori o neuropeptidi (le celebri noradrenalina, serotonina, e tante altre). È ampiamente noto che questi neuropeptidi sono tra i più potenti immunomodulatori che conosciamo (vedi link in fondo). Le cellule del sistema immunitario, infatti, hanno sulla loro superficie praticamente tutti i tipi di recettori dei neuropeptidi (le nostre “molecole di emozioni”) e possono esse stesse produrne, determinando quello che viene chiamato il “dialogo reciproco” (cross-talk) tra sistema nervoso e sistema immunitario. L’azione dei neuropeptidi (la traduzione biologica dei nostri vissuti emotivi) può portare ad una depressione della nostra capacità di risposta immunitaria oppure attivarla in maniera impropria (come nei processi allergici o nelle malattie infiammatorie immune-mediate). È evidente che in questa regolazione subentrano tanti fattori fra loro diversamente inter-relati (inclusi l’alimentazione, che agisce anche su questo tipo di network, e la ripetizione nel tempo di certi stimoli/risposte), quindi non si può derivare nessuna conclusione semplicistica. Ma il dato è questo. E il passaggio è ora ben caratterizzato anche in termini anatomici.
Nello spiegare alle persone che certe alterazioni funzionali od organiche possono essere legate anche a modi di vivere, di sentire e di reagire interiormente, una delle prime reazioni generalmente è: “Ma allora me lo sto inventando? Mica sarò matto, io il problema ce l’ho!”. E infatti nessuno si inventa niente, perchè ogni nostro moto interiore si associa ad un movimento nel cervello che determina realtà, produce un effetto sul piano biologico e, ora che conosciamo anche il “ponte” anatomico (sempre che non ce ne siano altri…), una ricaduta anche sul sistema immunitario.
Quindi, questa scoperta non riguarda solo i ricercatori impegnati nella lotta all’Alzheimer e alla sclerosi multipla, ma ci riguarda tutti, nella responsabilità ultima che ci vede sempre protagonisti verso il nostro stato di salute.
Per chi vuole approfondire
Segnalo questi due lavori, il primo a carattere generale, il secondo che focalizza su un neuropeptide specifico che è il VIP, a titolo esemplificativo della potenza di queste molecole di emozioni:
- I neuropeptidi come integratori del sistema biologico: una mini review (Neuropeptides as biologial system integrators – mini review. Biomed Sci Instrum 2014;50:1-11.Waite et al)
- Il peptide vasoattivo intestinale (VIP): effetti diretti sulle cellule immunitarie e coinvolgimento nelle patologie infiammatorie e autoimmuni (The neuropeptide vasoactive intestinal peptide: direct effects on immune cells and involvement in inflammatory and autoimmune diseases. Acta Physiol (Oxf). 2015 Feb;213(2):442-52. Ganea et al)