Sii buono con te stesso e apri il tuo cuore agli altri.
Condivido in questo post dei passaggi tratti dal libro “Alla ricerca dell’equilibrio interiore” di Anselm Grun, una lettura che ancora una volta ci ricorda come nelle antiche tradizioni spirituali fosse contenuto già tutto, e che nessuna delle nostre attuali “correnti” ha inventato o scoperto nulla!
Buona serata di stelle cadenti a tutti!
Anthony de Mello racconta una storia che mette in evidenza l’importanza della relazione delle persone tra loro e con se stesse.
Un commerciante si presentò al maestro e cercò di sapere da lui qual era il segreto di una vita di successo. Il maestro gli rispose: “Fai felice una persona ogni giorno!”. E poi, dopo una breve pausa, aggiunse: “…puoi anche essere tu questa persona”. E dopo un po’ aggiunse ancora: “Questo vale soprattutto quando sei tu questa persona”.
Spesso pensiamo che una buona condotta si riferisca solamente agli altri. Ma non è così. Per poter avere un cuore per gli infelici e i poveri, bisogna avere un cuore per ciò che di infelice e di povero sta dentro di noi. “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. [“Ciascun dal proprio cuor l’altrui misura”, diceva Dante! ;-)]
Cosa vuol dire dunque essere buoni con se stessi?
Accettarsi come si è
Non significa che sto con le mani in mano e accetto di essere quello che sono. Voglio anche crescere. Non sono ancora come vorrei essere. Essere buoni con se stessi significa prima di tutto una cosa: accettarsi come si è. Io riesco a cambiare solo ciò che ho accettato. Prima di tutto devo quindi riconciliarmi con la mia storia di vita, con il mio carattere, con i miei punti di forza e con le mie debolezze. E anzitutto devo riconciliarmi con il mio corpo, così com’è.
Nei colloqui incontro ripetutamente delle persone che si arrabbiano interiormente con se stesse e che vogliono cambiarsi facendosi violenza. Ma se mi arrabbio con me stesso, se mi condanno perché sono quello che sono, non riesco neppure a cambiarmi. Mi fermerò allora alla lotta con me stesso. Recido quello che condanno dentro di me. E questo non cambierà. Devo accettare di avere questa o quella debolezza, questo o quel difetto. La debolezza mi rimarrà sempre. Perciò devo trattarla con amore. Allora cambierà.
L’amore è una forza che trasforma. L’amore può portare a vita nuova ciò che è inaridito. Può far rifiorire ciò che è secco. Può riammorbidire ciò che è duro, può dare a ciò che è disprezzato lo splendore della bellezza e può portare luce nella tenebra.
Non posso però abusare degli altri. Se apro il mio cuore all’altro solo per avere dei benefici, ne ricavo solamente vuotezza. Se invece apro il mio cuore perché l’altro mi interessa, perché avverto i suoi bisogni, perché sento assieme a lui, perché vorrei aiutarlo, ne traggo ricchi doni. Se dò perché io stesso ho bisogno di attenzione e di conferma, mi sentirò ben presto esaurito.
Pensa anche a te stesso, quando ti dedichi agli altri
Se invece dò perché ho ricevuto abbastanza amore e ne ricevo continuamente, nel dare vengo arricchito anche io. Se l’altro si sente capito da me e se ne va più leggero, anch’io sento di vere avuto un dono. Grazie a me qualcuno ha ottenuto più vita. Questo suscita in me un sentimento di gratitudine e di gioia. I due poli dell’amore di sé e dell’amore degli altri non vengono uno di seguito all’altro, non sono uno accanto all’altro in un rapporto di anteposizione e di subordinazione, ma si intrecciano.
Non posso aspettare a praticare l’amore del prossimo fino a quando sono a posto con l’amore per me stesso.
Bisogna avere del tempo in cui potersi dedicare amorevolmente a se stessi per non esaurirsi nell’amore per gli altri. Dobbiamo avere un buon fiuto per cogliere quello che si muove nel nostro animo. Lo dice chiaramente la storia raccontata da Anthony de Mello: pensa anche a te stesso, quando ti dedichi agli altri. È giusto allora quello che ci dice un proverbio cinese: “L’amore reciproco arricchisce anche i poveri”.