Seconda parte – l’emissione del segnale elettromagnetico dipende da specifiche “modifiche” (non mutazioni biochimiche) del DNA
Il post di oggi mi richiama alla mente i primi anni in cui ho conosciuto la biologia…ero al liceo, e parlare di biologia significava fondamentalmente parlare di DNA e, soprattutto, di quell’opera grandiosa chiamata Progetto Genoma Umano, che avrebbe svelato i segreti per curare ogni malattia…
I ragazzi che oggi studiano biologia e ai quali viene raccontato il Progetto Genoma Umano, però, non sanno dell’intensa aspettativa che negli anni ‘90 ruotava attorno a questa operazione…non gli viene raccontato che tutti credevano che il mistero della salute e della malattia sarebbe stato risolto…
Ai ragazzi oggi viene spiegato che quello era uno step “necessario” all’interno di un percorso che è oggi in continuo divenire…
Quindi i ragazzi sui banchi di scuola oggi non comprendono il senso di illusione e della successiva disattesa che gli uomini di scienza hanno poi vissuto, quando si sono resi conto che non bastava mettere insieme un po’ di lettere per capire il “messaggio” della vita (e qui è lo stesso Watson che racconta la storia di questo “fallimento taciuto”!).
Nell’ultimo post abbiamo cominciato a presentare questo recente lavoro scientifico Trasduzione dell’informazione del DNA attraverso acqua e onde elettromagnetiche, di Luc Montagnier, Emilio Del Giudice, Alberto Tedeschi e altri che racchiude, in sintesi, tre punti chiave emersi dal lavoro di circa 10 anni nel campo della biologia studiata secondo la fisica degli organismi viventi.
- Il DNA batterico e virale in soluzione acquosa, opportunamente diluita, emette segnali elettromagnetici (EMS) di bassa frequenza.
- I segnali elettromagnetici “registrati” nell’acqua possono essere “recuperati”, come evidenziato dalla possibilità di richiamare specifiche sequenze di DNA attraverso PCR
- Questo processo di trasduzione è stato osservato anche nelle cellule degli organismi umani esposte ad EMS.
Se l’altra volta abbiamo parlato della possibilità di rilevare il segnale elettromagnetico emesso dal DNA (EMS), oggi vediamo come modifiche nel DNA stesso possono variare questo segnale.
Il punto chiave è: quali sono queste modifiche capaci di far variare il segnale elettromagnetico emesso dal DNA?
Una prima osservazione fondamentale infatti è che non sembra esserci una corrispondenza diretta tra specifica sequenza di DNA e segnale elettromagnetico emesso. Questo implicherebbe che, rilevando i segnali EMS, non sia sempre possibile “a priori” risalire ad una specifica sequenza di DNA. Letta in altro modo, questo implica anche che ci sono sequenza di DNA che non emettono segnali.
Ad esempio, gli autori hanno fatto delle analisi su pazienti affetti da HIV ed hanno evidenziato che oltre ai segnali EMS prodotti dal DNA dell’HIV, c’era un altro segnale proveniente dal DNA di un batterio intracellulare presente nei globuli rossi di questi pazienti. Con molta sorpresa, si è visto che questo segnale “batterico” era prodotto in parte da sequenze di DNA umano integrate o fortemente associate al DNA batterico. Le stesse sequenze di DNA appartenenti al genoma di quello stesso paziente non hanno mai prodotto segnali EMS.
Inoltre, quella stessa sequenza è stata individuata anche nei globuli rossi di alcuni soggetti sani, HIV-negativi; ma in questi soggetti sani la sequenza non emetteva segnale. Questo significa che la modifica del DNA che porta all’emissione di segnali EMS avviene solo in certe condizioni patogenetiche.
In altre parole, possono esserci sequenze di DNA “mute” dal punto di vista dell’emissione di segnali elettromagnetici, ma che cominciano a “parlare” quando cambia il contesto in cui sono poste!
La domanda è: cosa attiverebbe il DNA ad emettere segnali? Sulla base di quanto classicamente noto, saremmo tutti tentati di dire che si tratti di una modifica nella sequenza, la classica “mutazione” di basi…
Dato che fino ad ora i segnali EMS sono stati rilevati solo in pazienti affetti da diverse patologie croniche, sembrerebbe possibile speculare che ci sia una comune modifica biochimica del DNA batterico e/o virale infettante presente in associazione a queste malattie. Cioè, ricadremmo nel classico paradigma che a quella malattia corrisponde quella mutazione genetica e quindi quella variazione nell’emissione del segnale.
Di che natura sia questa modifica del DNA, tuttavia, è ancora da capire…ma quello che si può inferire è che non si tratta della classica “mutazione”, in quanto, come detto, non si è osservata nessuna differenza nella sequenza di DNA tra pazienti malati e soggetti sani.
Che sia il momento di concepire una nuova visione delle “modifiche del DNA”?
Che sia il momento di prendere atto che non è la sequenza delle lettere dell’alfabeto del DNA in sé a trasmettere il messaggio ma, piuttosto, l’insieme del discorso in cui quella sequenza è inserita e in cui, quindi, questa acquista significato?
Che l’emissione di segnali elettromagnetici sia qualcosa di molto più vicino al senso del messaggio contenuto nel DNA rispetto alla nuda estrapolazione di qualche lettera o parola da un discorso molto più articolato, su un livello che non è quello biochimico?
Forse il momento di una nuova capacità di “ascolto” è arrivato…